giovedì 26 gennaio 2017

Pane e fiore, Mohsen Makhmalbaf (1996)


Da "Il velo sullo schermo", con tutte le lungaggini e i didascalismi già confessati.





La trama del film

Sull’immagine di un fiore, un ciak annuncia titolo e cast del film. Alternata ai titoli di testa, vediamo la scena di un uomo che cammina tra due binari, suona il campanello di una casa e chiede di Makhmalbaf. Il primo indirizzo è errato, ma la padrona di casa gli indica il portone esatto. Una bambina vi sta entrando e dice all’inatteso ospite che suo padre non è in casa. Gli chiede poi se è lì per un provino; egli risponde di sì, ma rivela di essere la guardia che, vent'anni prima, Makhmalbaf aveva tentato di disarmare.

Ellissi. Il ciak annuncia che “Il soggetto è stato scelto”. Iniziano i provini. “Tu cosa vuoi fare da grande?”, chiede il selezionatore. “Qualcosa che possa salvare l'umanità” dice il primo candidato. “Mi basta salvare me stesso” dice il secondo. Finalmente inquadrato, Makhmalbaf sceglie “il salvatore dell'umanità” come interprete di se stesso da giovane. L'uomo della prima inquadratura (“la guardia”) seleziona a sua volta il proprio alter ego. Si tratta di un bel ragazzo, per niente somigliante a lui. Ma la parte viene assegnata a un altro candidato, di aspetto molto più simile.

L'uomo si lamenta; il cameraman risponde: “Ma per lei questo film non era più importante del cibo?”.

Il prescelto si informa presso la guardia (che ha già avuto qualche particina in passato) circa le difficoltà della recitazione, le qualità del regista con cui si accinge a lavorare, l’accoglienza che potrebbe avere nel suo paese per aver accettato la parte.

Ma la guardia è restia a rispondere: la scelta dell'alter-ego non l’ha proprio soddisfatto, per cui decide di abbandonare il set. Se ne va su una strada innevata e chiede di essere contattato se eventualmente avessero cambiato idea. Makhmalbaf scommette su un suo repentino ripensamento. Il cameraman corre a riprenderlo, ma lui era già sul punto di ritornare.

Intanto, non inquadrato, “la sua giovinezza” chiede a Makhmalbaf (i due vengono chiamati anche “i suoi vent'anni” e “i suoi quarant'anni”) informazioni sul film.

La guardia fa amicizia con il giovane attore deputato a impersonarlo e rivela di essere stato inizialmente rude perché avrebbe voluto recitare la parte in prima persona.

Vanno a trovare un sarto che non si ricorda della persona cui, vent'anni prima, cuciva le divise (dovrebbe fare lo stesso per il film attuale). Il sarto, che dice di non aver amato lo scià, comincia a parlare del cinema americano di allora.

Successivamente, la guardia insegna il mestiere al ragazzino, che ora è in divisa. A non perdere di vista la pistola, a fare il saluto militare, a marciare.

L'uomo racconta che, il giorno in cui è stato ferito da Makhmalbaf (“Mi ha dato una coltellata, ora fa il regista”), avrebbe dovuto regalare un fiore a una ragazza di cui si era invaghito.

Successivamente, i due simulano il momento dell'incidente. Una ragazza si intromette per chiedere l'ora, un po' come faceva la quella di vent'anni prima, ripetendo tutti i giorni le stesse cose.

Intanto Makhmalbaf accompagna in macchina “la sua giovinezza”; vanno a trovare la cugina del regista, che aveva partecipato all'azione terroristica con il compito di distrarre la guardia. Mentre Mohsen scende dalla macchina, sentiamo le voci di sua cugina e della di lei figlia, che Makhmalbaf vuole nella parte che fu della madre.

La ragazza si avvicina al ragazzo in macchina, gli offre del tè, poi i due iniziano a recitare alcune battute del film che dovrebbero interpretare, o meglio della vita di Makhmalbaf e di sua cugina. Il ragazzo le dà un libro e lei torna a casa dicendo di essere stanca di recitare le battute allo specchio e nonché di studiare: vorrebbe fare l'attrice. La madre però è contraria a questa scelta.

A quel punto, Mohsen e il ragazzo si rivolgono a un’altra giovane. Il ragazzo ha mentito dicendo che si tratta di sua cugina. I due passeggiano insieme, poi si separano momentaneamente, mentre lei continua a chiacchierare come se lui le fosse ancora accanto. Parlano, a tratti con voce buffa, di quello che è il leitmotiv del film: si può provare a salvare l'umanità se si deve pensare a salvare la propria famiglia? Accendono una candela, promettendo di diventare dei buoni genitori dell'umanità. Ricostruiscono la trama del film: dovranno disarmare una guardia per poi fare una rapina in banca per comprare un fiore da piantare nel deserto, oppure pane da dare agli affamati.

La ragazza si allontana, va a chiedere l'ora a un orologiaio, che però ha solo orologi rotti e poi all'alter-ego della guardia, che sta provando la parte con la guardia stessa: è la medesima scena che abbiamo visto in precedenza.

E' notte e la guardia, sdraiata nel letto, chiede al suo alt-ego perché, secondo lui, la ragazza non l'abbia più cercato. Dice di voler fare la parte del buono in questo film, per conquistare la ragazza. (quella “nuova”, cioè quella che ha appena visto nel bazar). Se non otterrà la parte, non potrà perdonarlo a Makhmalbaf, che già una volta gli ha distrutto la vita.

Il ciak introduce la prima ripresa del film: vediamo il ragazzo vestito da soldato e la guardia che lo segue. Quest'ultimo parla con l'operatore chiedendogli consigli su come realizzare bene la scena. Un breve corteo funebre sopraggiunge e la guardia aiuta a trasportare la bara. Anche “la sua giovinezza” li segue, con il fiore in mano, ma la guardia gli ordina di tornare indietro perché “è ora”. Al ritorno, incredibilmente, non c’è più il sole. Ma neanche il fiore: l’ha preso una ragazza e lo ha messo a fianco a un forno, poiché era congelato. Prontamente glielo restituisce.

Makhmalbaf e la sua giovinezza sono ancora in auto. Il regista gli dice di provare a ferirsi con un coltello finto. Vanno a prendere la ragazza che ha accettato la parte e si avviano verso il set. Un ciak, ed ecco la stessa scena vista alle spalle dei due ragazzi. Makhmalbaf dà gli ordini, i due comprano del pane e ne danno un po' a una mendicante. La ragazza va a distrarre la giovane guardia, ma la telecamere rimane sul “giovane Makhmalbaf”, che scoppia a piangere: non riesce a accoltellare un uomo, neanche per finta. La scena viene ripetuta, ma il giovane fatica a trattenere le lacrime; a stento prosegue, tuttavia sul luogo dell’incidente la guardia non c'è: sono arrivati troppo presto. Tornano indietro, ma subito arriva la giovane guardia, alla ricerca della piantina. Anche questa scena l'abbiamo già vista.

Il tutto viene replicato, ma la vecchia guardia abbandona il set quando scopre che la ragazza sta con la giovinezza di Makhmalbaf (e che dunque la ragazza di cui vent'anni prima si era innamorato voleva ucciderlo). Il suo alter-ego lo insegue, mentre noi li vediamo in campo lungo nell'oscurità della notte. I due simulano una scena in cui la guardia imita la ragazza e la giovane guardia le spara. Il giovane non ci riesce e a quel punto le parti si invertono.

Segue una nuova ripresa, molto più montata. La ragazza chiede l'ora, ma la guardia medita di spararle. Dopo qualche esitazione, le porge il fiore. Contemporaneamente, l'alter ego di Makhmalbaf, non inquadrato, le dà la fetta di pane. 



Un'analisi

"Pane e fiore" è uno dei più espliciti tra i tanti film della Nouvelle Vague iraniana dedicati al cinema, che è qui è visto come strumento dalle grandi potenzialità: è in grado di evocare il passato, talvolta in maniera nostalgica, come nel caso del vecchio sarto che rimpiange i vecchi film americani (ma non lo scià), più spesso in modo critico; può spersonalizzare uomini e donne, visto che i personaggi del film hanno un alter ego e non sono chiamati col proprio nome, ma identificati con il ruolo che ricoprono; può affrontare questioni di importanza capitale anche attraverso uno stile stridente e ammaliante, come nella scena in cui gli attori recitano in maniera buffa, o senza badare alla coerenza di spazio e tempo (anche inteso come meteo!); può giocare a stordire lo spettatore coi tipici espedienti metacinematografici volti a confondere i livelli di realtà e di rappresentazione.

Inevitabile che al pubblico occidentale salti in mente Pirandello, ma Makhmalbaf trova spunto piuttosto nella tradizione delle arti del suo Paese: nella struttura a incastro della letteratura, nell’iterazione ossessiva dei temi nelle composizioni musicali e delle parole nella cultura orale, e in particolare nel poeta mistico Mevlana Rumi, citato più volte dal regista nelle interviste, che scrive ciò che segue: 


La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe. Ciascuno ne prese un pezzo e, vedendo riflessa la propria immagine, credette di possedere l’intera verità.

Dunque lo stesso evento può essere visto da molteplici punti di vista e ogni osservatore può darne una propria interpretazione. Allo stesso modo, la medesima scena può essere girata con stili differenti: per gran parte del film gli attori sono inquadrati a lungo senza stacchi, ma nel finale il montaggio si fa più frequente.

Come ormai sappiamo, però, spesso le suggestioni metacinematografiche del cinema iraniano non sono autoreferenziali. In questo caso, forniscono l’occasione per un messaggio pacifista che prende le mosse da un’esperienza autobiografica. E’ autentica la vicenda narrata nel film, Makhmalbaf è stato realmente autore del gesto efferato che viene narrato (e che gli è costato quattro anni di prigione), ma ora è convinto che per salvare il mondo (ma anche la propria famiglia – per riagganciarci al tema ricorrente del film - e se stessi) non sia necessaria la violenza, bensì l’altruismo, simboleggiato dal pane e dal fiore.

Non c’è però soltanto l’autobiografia; emerge anche un raffronto generazionale. Makhmalbaf è cresciuto in un epoca in cui la violenza tra le truppe dello scià e le forze rivoluzionarie imperversava, i cittadini ne erano assuefatti. I giovani degli anni novanta, invece, non sono più in grado di brandire un coltello, sono pronti per una nuova epoca di pace. Nel film si respira infatti quel clima che avrebbe portato alla presidenza dell’Iran, nel 1997, il riformista Khatami, fautore del dialogo con l’Occidente, in contrapposizione allo scontro di civiltà più volte teorizzato dalla controparte. 


Curiosità

L'assistente alla regia, che vediamo più volte, è il protagonista del film di Makhmalbaf "Il ciclista". Da allora diventa un saltuario collaboratore del regista, che lo fa comparire anche in altri film, come "Salam Cinema".

La guardia non è la stessa che aveva ferito Makhmalbaf: si tratta di un attore. 
Il film è conosciuto anche con il titolo "Un istante di innocenza".





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